Nella classe si scrivevano i lunghi dettati del professore, su nuovi quaderni e con nuove penne e dalla fila centrale qualche studente prendeva i banchi color verde smeraldo e li scuoteva sul pavimento e i professori con il registro in mano, seduti dietro la cattedra a gambe distese, scrivevano note interminabili, e in certi casi mandavano gli alunni dal preside per la sanzione.
Muri di cartongesso dividevano le piccole classi dove gli alunni scrivevano a fianco dei propri compagni di banco, e le ragazze con il dizionario aperto aiutavano i ragazzi semiadagiati sul banco a capire alcuni termini, e su ogni tavolo un astuccio conteneva le penne spaccate in due e messe di nascosto nel contenitore in modo che il professore non vedesse.
I ragazzi cercavano un passatempo, e certi con schiaffetti davano spintarelle ai propri compagni di banco, che seccati rispondevano invocando il professore - questi li riprendevano- , e uno alla volta si alzavano pure loro imprecando contro l’amico, e una rissa tra ragazzi era sorta con minacce di occhi neri e gambe rotte, e li aveva inizio la nota scritta dal professore.
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