Alle ringhiere degli spalti si affacciano i visi allegri dei tifosi, con grandi bandiere colorate tese su lunghe aste, e tra le sbarre di ferro qualche giovanotto mette grandi striscioni, e vi sono ancora ragazze sedute con le borse posate ai propri piedi in attesa del prossimo punto, e alcune bambine che fanno il tifo agitando le strisce di giornale acconciate per creare un pon pon e gridano a squarciagola mettendo a dura prova la pazienza degli adulti, pur essendo divertiti dall’entusiasmo che i piccoli mostrano.
E persino fuori dell’area di gioco aleggia la suspance tra ragazze e i dirigenti di entrambe le squadre, che gioiscono, soffrono e sperano insieme alle ragazze che giocano in campo, uniti dal medesimo desiderio che solo per una squadra potrà avverarsi: la vittoria. A dividerle solo una cattedra in prossimità di una rete che spinge le giocatrici ad una sana rivalità sportiva, mentre vari oggetti quali tute, bottiglie d’acqua, palloni e, forse, anche le panche attendono di essere spostate in prossimità del prossimo set, del tutto distanti dalle emozioni createsi. E mentre tutto il mondo è in attesa, le titolari pensano a difendere il proprio campo come se fosse la loro patria, ma anche a conquistare punti come se fossero territori da vincere tramite schiacciate equivalenti al rombo dei cannoni, mentre certi arbitri noiosi tentano di ostacolarle, armati di un fischietto, riprendendo ogni “doppia”o “invasione”e quant’altro, innervosendo gli allenatori che imprecano con le giocatrici per scoraggiare i troppi errori commessi. E ad un certo punto il sogno si avvera: centinaia di persone si alzano per applaudire, mentre parte della tifoseria dell’altra squadra sta zitta zitta, quasi mortificata, e nel frattempo una rissa incombe tra alcuni giovani che danno il brutto esempio ai bambini presenti con atteggiamento antisportivi incivili e malsani.
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